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La procedura di esdebitazione.

La procedura di esdebitazione consente a piccoli imprenditori e liberi professionisti di negoziare con i creditori in caso di sovraindebitamento.

La Legge n. 3 del 27 gennaio 2012, definita “legge salva suicidi”, introduce nel nostro ordinamento la procedura di esdebitazione che si compone di tre diversi rimedi:

1) ACCORDO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI

2) PIANO DEL CONSUMATORE

3) LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO DEL DEBITORE.

La normativa prevede una procedura snella e veloce di ripianamento dei debiti per tutti quei soggetti che sono sovra indebitati e che non possono accedere alle procedure concorsuali previste dalla Legge Fallimentare.

Per accedere alla Procedura di Esdebitazione occorre:

1) essere un soggetto non fallibile o essere un debitore che non svolge attività imprenditoriali o professionali (condizione soggettiva);

2) trovarsi in una situazione di sovra indebitamento, aver contratto debiti a cui non è più possibile far fronte (condizione oggettiva).

Pertanto, la procedura si rivolge:

– agli imprenditori commerciali le cui dimensioni escludono la loro assoggettabilità al fallimento;

– ai fideiussori che abbiano garantito debiti di un imprenditore fallito, in quanto non fallibili per legge;

– agli imprenditori agricoli;

– ai soggetti che svolgono un’attività di libera professione;

– al consumatore considerando che anche l’imprenditore o il professionista possono qualificarsi consumatori ai sensi della disciplina esaminata, purché  l’indebitamento derivi da consumi propri, ossia da obbligazioni assunte al di fuori della propria attività di impresa.

LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLE TRE PROCEDURE:
Accordo di composizione della crisi

L’accordo dà la possibilità a tutti i soggetti destinatari della legge 3/2012 di rivolgersi al Tribunale, proponendo un accordo al giudice con il quale tentare di far fronte alla propria condizione di sovraindebitamento.

È, quindi, il giudice che, una volta valutata la richiesta, decide se approvare o meno quanto con essa proposto.

Per poter avere il via e divenire operativo, tuttavia, l’accordo di ristrutturazione dei debiti necessita anche dell’assenso di un numero di creditori che rappresenti almeno il 60% dei crediti.

Liquidazione del patrimonio

Molto più svantaggioso e, pertanto, scarsamente utilizzato è il secondo rimedio previsto per l’esdebitazione: la procedura di liquidazione del patrimonio.

Con essa il debitore mette a disposizione, per la soddisfazione dei debiti, tutti i propri beni e tutti i propri crediti, liquidando di fatto il suo intero patrimonio.

Restano escluse solo le risorse necessarie per mantenere la famiglia.

Attivando tale procedura, i debiti che non possono essere ripagati si estinguono.

Piano del consumatore

Mentre ai primi due possono accedere tutti i soggetti destinatari della legge, il piano del consumatore è riservato alle persone fisiche/consumatori, in situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni contratte e il patrimonio liquidabile.

Il consumatore deve:

– non agire con riferimento all’esercizio di un’attività professionale o imprenditoriale

– essere meritevole e non deve aver quindi contratto debiti in maniera del tutto sproporzionata rispetto alle potenzialità del suo patrimonio.

In presenza dei richiesti presupposti, ogni consumatore per il tramite di un avvocato può oggi presentare al tribunale un  piano per soddisfare i propri debiti. Sarà poi l’organismo di composizione della crisi nominato che, verificata l’esattezza dei dati contenuti nel piano, si esprimerò sulla sua applicabilità.

I creditori non danno un parere vincolante, ma possono essere ascoltati e possono presentare delle contestazioni.

Il vantaggio è che, se il piano del consumatore viene approvato, il cittadino ha la possibilità di sollevarsi dai propri debiti anche non soddisfacendoli per intero ma riducendone l’ammontare complessivo.

Tuttavia, se il debitore non rispetta il piano approvato, scatterà automaticamente la procedura di liquidazione del patrimonio.

 

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